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Nell’immaginario di tutte le narrazioni di pedagogia radicale, libertaria, anarchica, anche in quelle legate alla realtà di contesti sociali complessi, di aree urbane marginali, di contrasti drammatici, c’è sempre l’evocazione di un prato, con un gruppo di persone radunate in cerchio sotto l’ombra di un albero. Dietro questa visualizzazione dell’incontro non si nasconde un pensiero lirico, idealizzato (dobbiamo ricordare che l’orizzonte di azione della pedagogia, così come dell’arte, non è antitetico al reale ma proprio all’ideale). Questa immagine del circolo di persone è la rappresentazione, pura e semplice, del patto pedagogico così come viene proposto nella teoria e nella pratica delle principali correnti di rinnovamento dell’edificio educativo negli ultimi duecento anni. Nella geometria del cerchio, originaria in tutte le compagini umane e nelle forme dei primi insediamenti (le prime abitazioni, i templi di pietra, e anche il primo teatro pare fosse un cerchio di persone attorno a un albero), si dichiara implicitamente la condizione paritaria di tutti i presenti, con uguale facoltà di parola, di intervento e di obiezione: una contestazione del principio di autorità in favore di un approccio di condivisione orizzontale, fondato sull’adesione volontaria, sulla responsabilità individuale, sull’autogoverno. Similmente l’ambientazione campestre (un parco, un prato aperto) indica un luogo del possibile, uno spazio alternativo o semplicemente non condizionato dalle architetture del potere di tutta la tradizione europea.
In questo spazio, che è dunque reale e non ideale, prende forma l’apprendimento, che non sempre ha bisogno dell’insegnamento (inteso come trasmissione verticale) ma che senza tale dimensione di reciprocità è solo ammaestramento. L’apprendimento è sempre un atto volontario così come la partecipazione alle occasioni in cui le persone scelgono di mettere in gioco le proprie storie, esperienze e competenze per una creazione di senso che sia autenticamente condivisa.
Il programma di “Scuola Popolare”, che ha incluso anche la conversazione con Ilaria Gadenz sul mio libro, ha dato vita molte volte a questo modello. Poter parlare de La sintassi della libertà. Arte, pedagogia, anarchia (Gli Ori, 2020) nel parco di Villa Romana, presso un grande albero, è stato come creare una speciale continuità tra le storie e le teorie raccolte nel libro e il modo per condividerle.
La cornice perfetta, reale e non ideale.

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