Dott. Nicola Mariotti (psicologo / psicoterapeuta / psicanalista)
L’arte della Soglia
Ogni uomo, ogni donna è impegnato a crescere.
Come un fiore che ha l’abitudine di fiorire.
Ma qui, così presto, finisce l’analogia tra l’uomo e la natura. Perché il fiore nella sua esistenza, da cima a fondo, è tenuto insieme nel seme: una viola non potrà mai essere una rosa. Il seme comanda, come in certi giochi di carte, ma non c’è partita, perché ogni cosa è scritta, c’è un unica potenza, quel seme dice rosa e si espone all’alternarsi delle stagioni. Stagione e seme sono avvinti nella reciproca ignoranza, aldiquà o aldilà di ogni possibile rapporto.
Ogni uomo, ogni donna, da cosa sono cresciuti?
Il seme, ciò che li fonda, ancor prima di qualcosa, è una promessa di qualcosa, rinnovata ogni giorno.
Promessa di cosa?
Non è facile a dirsi. Essa s’impone, un alito che anima la materia come dicevano gli antichi, una voce che non si articola alla lettera, una scrittura di cui si è smarrita la chiave, per il filosofo Benjamin e che come tale coincide con la vita.
Un dettato, il nocciolo opaco della nostra vita che tentiamo di mettere in forma.
L’arte ha la sua potenza in tutto questo, nel senso che ne trae la sua possibilità e la sua forza.
Potenza di cosa?
Lo psicoanalista inglese W. Bion, parlava di reverie per indicare quel momento in cui la madre tiene in braccio il bambino e lo guarda e ne sogna la condizione. Cosa rimane di quello sguardo, di quella cura che ci viene incontro? Quale memoria?
Freud da subito ha intuito che la memoria s’inscrive su più registri. C’è forse in noi una memoria che potremmo chiamare fedele perché si tiene tutt’uno, come stagione e seme, con ciò che abbiamo vissuto e forse raccoglie qualcosa di quel dettato: una memoria visiva, tattile, uditiva, corporea, su cui un altra memoria, la memoria pensante, si affanna, infedele da una parte perché chiama alla traduzione, ma si potrebbe dire più che fedele dall’altra, perché al servizio permanente di quella promessa che ci costituisce; una memoria che lavora, si piega su quelle tracce per interrogarle, per ripartirle di qua, nella parola, nella forma, nella figura, nel gesto.
La mia proposta, per questa seconda edizione della scuola popolare, è di proporre la costituzione di un gruppo che potrebbe prendere diverse forme, mantenendo un impegno comune nella ricerca sui temi dell’arte e della memoria, del gesto creativo e della figurazione intesa nel senso più ampio possibile.
Imagine: Emile Friant, Les amoureux, 1988