L’urbano che ancora non esiste
L’urbano che ancora non esiste
Serata finale di Scuola Popolare
L’incontro inizia alle 18.00 in punto, si svolge soprattutto all’aperto, in giardino, e nel rispetto delle misure Covid-19. Chi non potrà seguirci dall’inizio, è comunque invitato a unirsi a noi, qui sotto gli orari delle singole presentazioni:
18.00 Federica Castelli, Dottore di ricerca in Filosofia Politica, Roma Tre
18.30 Isabella Mancini, Nosotras, Associazione interculturale di Donne (Firenze)
19.00 Giacomo Zaganelli, artista (Berlino/Firenze)
19.30 Rita Adamo, La rivoluzione delle seppie, NPO (Belmonte Calabria)
20.00 Ornella De Zordo, Per un’altra città (Firenze)
20.30 Margherita Moscardini, artista (Donoratico)
Dopo tre mesi di quarantena, isolamento e introspezione siamo entrati nello spazio urbano con nuove aspettative. I centri turistici e storicizzati delle città italiane vivono un tempo sospeso, asincrono: dopo essersi convertiti ai desideri del turismo di massa, cercano nuove destinazioni d’uso; gli abitanti intanto riscoprono l’opzione della convivenza civile e il desiderio di stare insieme – che è urgente dopo il lockdown – va di pari passo alla rivendicazione degli spazi pubblici. Gli abitanti sono tanti e tanto diversi: per genere, età, provenienza, interessi, bisogni, possibilità e desideri.
Seppur per poche settimane, durante l’isolamento, abbiamo visto la solidarietà in atto, sotto forma di spese sospese ad esempio. A maggio e giugno, per la prima volta dopo forse un mezzo secolo, i bambini hanno giocato in Piazza Santa Croce a Firenze. Prima che questa nuova retorica della città ritrovata sia messa a guadagno esclusivo di pochi, prima che i cittadini e i residenti diventino il piano B di una città votata al turismo e non il referente primo delle politiche urbane, ci chiediamo come vogliamo vivere e far vivere lo spazio comune e l’ecosistema culturale ora e in futuro.
Lo spazio pubblico è un diritto di tutti? Ma chi ne parla e dove? Come possono viverlo i bambini, i giovani e gli anziani, le famiglie, gli amici e gli ospiti, i congiunti e gli sconosciuti? Ci sono spazi progettati per e dalle donne? È possibile concepire la città come un luogo eterotopico di intersezionalità? Come uno spazio di nuovi mutualismi e solidarietà? È possibile che la città non sia solo un arcipelago di luoghi privati di consumo? Si può ripensare una città come Firenze in termini di cittadinanza attiva, anti-razzista e convivenza solidale?
E ancora, cosa possiamo imparare da altri modelli di governo e spazi di auto-organizzazione? Cosa possono insegnarci i campi profughi nel ripensare le città del futuro? E se ne ripensassimo lo spazio in modo relazionale e performativo? Un locale assoluto – come lo definisce la filosofa Adriana Cavarero – che si estende nello spazio intermedio, dialogico e mobile di chi lo abita?
Photo: Giacomo Zaganelli